Introduzione
Paradossale ma vero: mai come oggi le imprese investono in welfare, eppure quasi un lavoratore su due (41,8 %) confessa di non sapere a chi rivolgersi quando ha un problema di salute, familiare o previdenziale censis.it . (VII Rapporto Censis-Eudaimon 2025).
l risultato? Fondi e servizi restano “a scaffale”, mentre i dipendenti si sentono soli proprio nel momento del bisogno.
Questo articolo guarda il tema dalla prospettiva del lavoratore, per capire dove si inceppa il meccanismo e perché un consulente di welfare può fare la differenza.
1. Il welfare invisibile: dati che parlano chiaro
41,8 % dei dipendenti non ha un riferimento certo per questioni sanitarie o socio-assistenziali censis.it . (VII Rapporto Censis-Eudaimon 2025).
41,8 % vorrebbe un consulente esperto e affidabile.
27,3 % si accontenterebbe di un servizio online orientativo, soprattutto tra under 35 (30,6 %).
28 % ritiene il consulente inutile — indice di scarso awareness su ciò che il welfare può offrire.
Questi numeri confermano il gap tra investimento aziendale e percezione dei dipendenti. E non è solo una questione di comunicazione: manca un “intermediario” che trasformi regole, piattaforme e budget in soluzioni personalizzate.

2. Chi è (e cosa fa) il consulente di welfare aziendale
Pensalo come un “personal trainer del benessere”:
Obiettivo lavoratore | Attività del consulente |
---|---|
Capire quali prestazioni sanitarie attivare | Mappa i bisogni e propone strutture convenzionate |
Assistere un genitore non autosufficiente | Orienta su caregiver, fondi e permessi |
Ottimizzare previdenza e fiscalità | Traduce norme e portali in azioni concrete |
Gestire il budget welfare | Suggerisce combinazioni di benefit a maggior valore |
La sua forza è mista: competenze regolatorie, soft-skill di ascolto, visione olistica su salute, nutrizione, work-life balance e — perché no — sullo spazio di lavoro .
3. Quattro benefici tangibili per il lavoratore
Riduzione dello stress burocratico
Un referente unico evita alle persone di “rimbalzare” tra HR, piattaforme e moduli.Accesso tempestivo alle cure
Chi sa dove andare anticipa diagnosi e recupero, con impatto diretto su produttività e assenteismo.Maggiore equità interna
Il consulente intercetta chi ha più bisogno (caregiver, neo-genitori, over-55) e rende il welfare inclusivo anche per chi ha meno competenze digitali.Ottimizzazione economica
Tradurre il budget in servizi effettivamente utilizzati, genera risparmio netto per il dipendente e ritorno reputazionale per l’azienda.
4. Come le aziende possono colmare il gap
Il welfare non basta progettarlo: va reso abitabile.
4.1 Nomina di un “Welfare Coach” interno o in outsourcing
Formazione HR su normative, fiscalità e piattaforme
Partnership con società specializzate e consulenti certificati
4.2 Sportello ibrido: fisico + digitale
Chatbot per FAQ rapide
Webinar mensili e sessioni one-to-one prenotabili
Intranet con FAQ dinamiche aggiornate
4.3 Storytelling di casi reali
Mini-interviste a colleghi che hanno usato il welfare per un genitore malato o per il nido
Dashboard anonimizzata sull’utilizzo dei benefit per far vedere che “succede davvero”
4.4 KPI di impatto
Secondo Welfare Index PMI 2024, le PMI che investono in welfare strategico registrano +16 % di retention e +15 % di produttività.
Inserire questi indicatori nei report di sostenibilità rafforza il commitment.
5. Check-list pratica per i lavoratori
5 domande da farti domani mattina
So qual è il budget welfare che mi spetta quest’anno?
Ho un referente (nome, mail, telefono) a cui fare domande?
Conosco almeno tre servizi già attivabili per me o la mia famiglia?
Ho verificato se i benefit coprono esigenze future (previdenza, long-term care)?
Ho condiviso eventuali necessità speciali (disabilità, carichi di cura) con HR o consulente?
Conclusioni: dal benefit alla cultura
Il welfare non è un “fringe benefit” isolato: è una leva culturale che intreccia salute, alimentazione consapevole e spazi di lavoro pensati per il benessere quotidiano.
Quando un dipendente sa dove andare, con chi parlare e cosa chiedere, non si limita a usare un voucher: sente che l’azienda gli sta tendendo la mano. E proprio lì, in quel gesto di orientamento, inizia la fiducia che fa crescere persone e imprese.
Salute monitorata come un tempo dal medico di famiglia, nutrizione scientifica e ambienti di lavoro che ispirano produttività: tre facce dello stesso welfare umano di cui ci prendiamo cura ogni giorno in Fiorani & Partners.
Il welfare non è un extra da barrare in un bilancio.
È una leva trasformativa per chi ha il coraggio di usarla con visione.
Perché il futuro del lavoro non sarà (solo) tecnologico. Sarà umano.
E le aziende che sceglieranno di mettere al centro la salute, l’equilibrio e la crescita delle persone saranno quelle in grado di prosperare.
Con più forza. E più senso.
FAQ – Il consulente di welfare aziendale
1. Chi è il consulente di welfare aziendale?
È una figura professionale che aiuta i dipendenti a orientarsi tra le opportunità offerte dal piano welfare. Traduce regole, piattaforme e budget in soluzioni concrete, supportando il lavoratore su temi come salute, previdenza, assistenza familiare, fiscalità e benessere.
2. Perché serve un consulente di welfare in azienda?
Per colmare il divario tra i servizi offerti e quelli realmente utilizzati. Molti dipendenti non sanno a chi rivolgersi o come accedere ai benefit disponibili. Un consulente dedicato riduce questo gap, migliora l’efficacia del piano welfare e rafforza la relazione tra azienda e persone.
3. Quali competenze ha un consulente di welfare?
Deve conoscere le normative su welfare, fiscalità, previdenza, salute e lavoro. Ma serve anche empatia, capacità di ascolto e visione integrata su work-life balance, alimentazione, benessere psicologico e ambienti di lavoro. È una figura tecnica e relazionale allo stesso tempo.
4. Che differenza c’è tra piattaforma welfare e consulente?
La piattaforma è lo strumento: mostra l’elenco dei benefit disponibili. Il consulente è la guida: aiuta il lavoratore a capire cosa gli serve davvero, come usarlo, e come massimizzare il valore del budget welfare. Senza questa figura, la piattaforma resta spesso inutilizzata.
5. In quali casi il supporto del consulente è particolarmente utile?
Quando il lavoratore:
deve assistere un familiare anziano o disabile;
vuole attivare un servizio sanitario ma non sa come;
cerca un beneficio fiscale ma non conosce la normativa;
ha esigenze personalizzate che richiedono orientamento dedicato.
6. Il consulente welfare è presente in tutte le aziende?
No. È ancora una figura poco diffusa, soprattutto nelle PMI. Ma sta emergendo come ruolo chiave nelle aziende più evolute sul piano organizzativo e del benessere. Alcune imprese lo attivano tramite società esterne o in modalità ibrida (sportello + digitale).
7. Che impatto ha il consulente sulla produttività aziendale?
Significativo. Aiutando i dipendenti a usare meglio il welfare, riduce stress, migliora l’accesso alle cure, rende più equo il sistema e rafforza la motivazione. Le aziende con consulenti attivi registrano aumenti di produttività e retention (fonte: Welfare Index PMI 2024).
8. È possibile attivare un consulente anche in smart working?
Sì. Il ruolo si adatta facilmente a una modalità ibrida. Attraverso sportelli digitali, webinar, chat o videoconsulenze, il consulente può seguire i lavoratori anche da remoto, mantenendo efficacia e accessibilità.
9. Come si può introdurre questa figura in azienda?
Formando risorse interne con competenze specifiche
Collaborando con professionisti esterni o società specializzate
Integrando strumenti digitali con momenti di consulenza individuale
Comunicando in modo chiaro il servizio ai dipendenti
10. Qual è la visione di Fiorani & Partners sul tema?
Per Fiorani & Partners il consulente di welfare non è un “plus”, ma il ponte umano che trasforma il welfare da catalogo a cultura. È il volto concreto di un sistema che unisce salute, nutrizione, psicologia e office design. Una guida che semplifica, orienta e valorizza le persone.